Questa sera si conoscerà il nome della squadra che l’Ambrì affronterà nella finale salvezza che deciderà se questa squadra merita di rimanere in LNA o se, chissà. Immaginare la propria squadra nella serie cadetta non è facile, certo è che ora siamo ad un passo dalla retrocessione.


Avevo cominciato a seguire l’hockey su ghiaccio al mio arrivo in Svizzera qualche anno fa, quando la situazione era molto più rosea di oggi: l’Ambrì aveva vinto il primo derby visto alla tv, aveva un allenatore dal buffo accento francesizzante, giocatori con uno spirito positivo, c’era chi segnava tirando legnate dalla linea blu, chi falciava gli avversari con bastonate dietro le ginocchia e poi faceva spallucce. Poi il primo derby dal vivo, anche se in casa degli avversari. E da quel momento, anche se ancora facevo fatica a seguire il puck sul ghiaccio, è sbocciato il piacere di seguire questa squadra. La stessa che quell’anno si ritrovò a giocare i playoff. La stessa che poi si salvò ai playout negli anni successivi. La stessa che da giovedì si giocherà la permanenza in serie A.
Nel frattempo ho imparato regole bizzarre come la liberazione vietata, e che le botte sono permesse ma la simulazione al contrario è vista malissimo, ho visto giocatori schiantarsi violentemente contro la balaustra e restare vivi, li ho visti allenarsi sul ghiaccio, vincere partite 7-1, perdere con altrettanto scarto, ho visto partite noiose addormentandomi sul divano, ho ascoltato tifosi cantare ininterrottamente per ore, partecipato a grigliate, mi sono imbucata alle feste di fine stagione, ho visto giocatori fare a cazzotti in pista e altri sedersi sul ghiaccio davanti alla curva per godersi i cori tutti per lui dopo una partita e ora, infine, il puck non sfugge più ai miei occhi.
Ho seguito altre squadre e tifato anche contro, per il solo piacere di ritrovarmi sugli spalti con ben altri tre (3!) tifosi arrivati da Ginevra. E ho anche saltato sulle note di chi non salta bianconero è. Ancora mi fa strano, pur trattandosi di un altro sport, di altri bianconeri.
Nel frattempo l’Ambrì è diventato un altro Ambrì, ha perso di colore ai miei occhi, ha fatto scelte che non ho condiviso, mi ha fatto arrabbiare, delusa e perplessa. L’allenatore che piaceva a me è stato esonerato, i miei giocatori preferiti sono partiti per altri lidi, ho continuato tra le altre cose a non vincere nulla alla lotteria di fine anno, altri allenatori sono arrivati, giocatori che promettevano bene, ma la noia e la svogliatezza hanno preso il sopravvento.
Chi mi dice che con l’Ambrì è normale, che i tifosi di lungo corso ci sono abituati, chi si indigna, chi comunque si sorprende, chi si rattrista. E io? Ho provato a seguire altre squadre, ho persino tifato Lugano, ma il richiamo di quel bianco e quel blu mi si deve essere attaccato dentro, da qualche parte, quando avevo l’anima, hockeystica, ancora addormentata (cit.) e magari una volta metterò piede anche alla Valascia, ma voi, Ambrì, dovreste promettermi di non andare in pista con i coprilama ai pattini.